CUBA, L'ISOLA CHE NON C'È


Cuba, nell'immaginario di tutti l'Isola rimasta ferma nel tempo, da almeno 50 anni, con le sue automobili d'epoca ed edifici fatiscenti ed affascinanti.



L' Isola che non c'è, con i suoi racconti di un passato ancora vivido nelle strade, nei volti, nelle persone che vivono in una realtà che esiste solo a Cuba.
Ma che impatto ha tutto ciò nel momento in cui questo Paese, ed il suo popolo, si affaccia sulla società com'è ai giorni d'oggi?



Nel resto dei paesi industrializzati ci sono state guerre, stravolgimenti di potere, povertà e poi improvvisa ricchezza.
Cuba si è fermata appena prima, rimanendo nella povertà, in un sistema basato sulla ricchezza della terra, sul lavoro manuale nei campi e nelle case.
A causa dell'isolamento imposto dagli Stati Uniti, i cittadini cubani non hanno vissuto parte della rivoluzione industriale e soprattutto la rivoluzione tecnologica che ha fatto da padrone nella società in cui viviamo oggi.



Cuba non è stata testimone dell'esplosione del consumismo, terreno fertile per le multinazionali e gli offuscatori del pensiero libero e indipendente.
Andare a Cuba vuol dire anche ritrovare una diversa e più genuina comunicazione tra le persone, la vita si svolge in strada e non sui social.
Per questo si fatica a distinguere i negozi dalle case private: la gente vive in strada, mangia sui gradini sull'uscio della porta, gioca a carte su un tavolino arrabattato in mezzo alla via, spostandosi di tanto in tanto a seconda di come si muove il sole.



Adesso provate ad immaginare, in una società del genere, lo tsunami che porta con se il consumismo. Noi siamo stati gradualmente abituati a difenderci dal bombardamento delle immagini, delle pubblicità, dei cartelloni di 6 metri per 4 che ci dicono "tu hai bisogno dell'ultimo modello di smartphone" piuttosto che una casa più grande, vestiti alla moda, amici più cool.



Si può già intuire quest' ombra visitando le città più a Nord, più vicine agli States ed alla loro influenza.
Se si fa un giro all'Avana da turista, adesso, bisogna fare attenzione. I cubani hanno imparato da noi l'avidità, la sete dell'avere, sentono il profumo dei soldi e imparano come raggirarti per i propri scopi.
Nasce così l'invidia, la differenza tra ricco e povero, tra chi ha "tante conoscenze" all' estero e chi non ne ha.



Allo stesso tempo non si può fermare questo processo. I giovani vogliono sapere cosa succede fuori, vogliono viaggiare ed imparare.
Ho conosciuto pochi ragazzi che sapessero parlare inglese. Come l'hanno imparato?
A casa, grazie a dei CD con delle lezioni di lingua, passate di mano in mano.
Anche gli anziani non sanno bene da che parte stare, inneggiando un po' Fidel, un po' Obama.
E' evidente come il Paese stia collassando su se stesso, i cubani vogliono giustamente il cambiamento ma non sono consapevoli del carico che porterà con sè.
Temo che, oggi giorno, non ci sia un modo più o meno giusto di agire.
Quel che accadrà a Cuba sarà diretta conseguenza di un processo iniziato ormai 50 anni fa.



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Testo ed immagini coperti da copyright _ ©Claudia Chiatellino2016

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